Una svecchiata

Colgo al balzo questa mattinata libera e mi rimetto un po’ dietro al blog. Non troppo, non sono dell’umore migliore ma neppure di quello peggiore.

Il blog, dicevo, un blog trascurato che un tempo remoto ho coltivato un po’ e che poi è caduto in abbandono. Come tante, troppe cose. Oggi ho dato una mano di vernice ai widget che vedete a destra, in particolare ho aggiornato serie e letture. Le letture, queste sconosciute, si riducono al secondo capitolo di Malazan: Book of Fallen dal titolo “La Dimora Fantasma”. Un libro che continua la vicenda narrata ne “I Giardini della Luna” lungo un sentiero di costante evoluzione: migliora lo stile, il mondo diventa più vasto e dettagliato, la vicenda (già ottima) si arricchisce e diventa (appena) più chiara.
L’ho già consigliata, la riconsiglio. E’ lunga, difficile, a tratti confusa… ma è un esempio di come si possa creare un’opera vasta senza trascurare il dettaglio. Se il blogger vorrà, ne riparleremo…
Letture, dicevo… come quelle del mese prossimo. Perché ormai ci siamo, A Dance with Dragons è prossima ad uscire interamente (finora ci sono in commercio le parti 1 e 2, maledetta Mondadori!) in Italia e così potrò riprendere la storia degli Stark e dei Lannister da dove l’avevo lasciata. Non so se voglio dare 60 e passa euro alla Mondadori, valuterò… in un modo o nell’altro (le biblioteche… che pensavate?) l’inverno arriverà all’insegna del Winter is Coming.

E poi? Poi aspetteremo il vecchio… sperando che si sbrighi.

Serie, dicevo… le serie che sto seguendo sono quelle che vedete a fianco. Nello specifico:

Homeland -> laffigata made in Showtime. L’agente Carrie Matheson non è più un agente. La Cia l’ha cacciata e i suoi sospetti, dimostratisi sbagliati, sul deputato ed ex prigioniero in Iraq Nicholas Brody, l’hanno gettata nello sconforto e nella depressione. Una serie mozzafiato, dalle prime tre puntate in grado di pareggiare, se non superare, la meravigliosa season 1.

Doctor Who -> Il Dottore è il Dottore e chi mi legge un po’ lo sa. Al momento è in pausa ma Natale sta arrivando (semicit.). La prima parte di stagione è stata nella media, mi sarei aspettato di meglio. Ma sono stato abituato bene. Da considerare, però, una premiere col botto e un season finale da lacrimucce.

Dexter -> Sette stagioni e ancora il killer dei serial killer non ha capito che se uno non lo accoppa quando deve poi ci va di mezzo lui stesso. Come buttare al macero sei stagioni e tutte le manfrine sull’evoluzione del personaggio. Però Dexter è Dexter, il carisma c’è e le acque – chi ha seguito la sesta stagione lo sa – si smuovono. Speriamo bene.

Alphas -> Una serie che passa tanto, forse troppo in sordina. Ma una serie che – a me – piace e non poco. La seconda stagione è prossima alla conclusione ma si nota che è maturata, sia nella trama che nelle relazioni fra i personaggi e nell’evoluzione delle dinamiche. Se la prima era un diversivo, questa seconda stagione è una piacevole sorpresa.

The Walking Dead -> E’ presto per parlarne ma… premiere col botto. Se accoppano il bimbo-scemo, diventa un must.

Revolution -> Made in JJ Abrams: sinonimo di qualità (Lost) e di porcate (tutto il resto). Molti la criticano, a me piace. E’ ambientata in un mondo che si è spento e che – per citare S. K. – è “andato avanti”. Troppo abbozzata l’ambientazione e ridotto l’arco temporale (quindici anni sono pochi per parlare di un mondo così riorganizzato come quello di Revolution, almeno secondo me). Non amo neppure le scene di azione, spesso spartane e all’insegna dell’uno-contro-tutti. Ma la trama, quella sì, è intrigante. I Believe.

Infine ci sarebbe Last Resort. Ho visto la premiere, molto valida, e ho visto la seconda puntata. Per me è pollice in sù. Però il tempo è poco – ho pure ripreso gli studi, non c’è limite al masochismo – e gli ascolti della serie fanno gridare al taglio imminente. Aspetto un po’, quindi.

E quindi ci siamo, arrivano i saluti e i buoni propositi: vorrei davvero svecchiare il blog, magari cambiandogli intonaco o, forse, spostandolo altrove. Vorrei anche ripetere i progetti di scrittura. Sebbene il committente me lo sia considerato da solo, vorrei dare un seguito alla vicenda di Nake e dell’amicone Jolly. Ma non ora, non oggi, non in questa settimana…

Vi saluto, gente.
Qwertyminus.

Osare

Osare : avere il coraggio di fare qualcosa!


Dopo la breve lezione di lessico italiano, per la quale ringrazio il sito http://www.dizionario-italiano.it/ dal quale ho preso la definizione, eccomi a introdurre l’argomento del post: il coraggio di fare qualcosa.
Non temete, non è una delle mie celeberrime esternazioni bloggerecce. Parlo di     arti varie: fumetto, musica, letteratura e tutto ciò che verrà. Perché il coraggio serve in ogni dove…

Lo spunto nasce da quanto accaduto nella penultima puntata della serie The Walking Dead, nella quale (come ho ampiamente spoilerato con l’amica _Gre_ nel post precedente) ci saluta quello che a mio avviso è il personaggio più riuscito della serie che, malgrado il successo, solleva non poco clamore almeno nel nostro bel paese.
Non sto qui a scendere del dettaglio della serie, non è il post adatto. Lo spunto, però, c’è: gli autori della serie televisiva (che separo dal fumetto tanto per il fatto che non l’ho letto quanto perché vi sono differenze sostanziali) hanno compiuto in questo senso una scelta coraggiosissima. Hanno confezionato un prodotto, lo hanno offerto ai loro spettatori e, dopo i vari feedback positivi, hanno portato ad uno sconvolgimento che di certo avrà causato qualche malumore. Questo è OSARE.

Stessa cosa accade nella saga che sto leggendo (qui e qui ne trovate un assaggio), dove l’autore osa (e percula, passatemi il termine) in continuazione, lasciando spesso il lettore spiazzato, deluso, irritato e con la maledetta voglia di prendere parte lui stesso in quella storia.

OSARE vuol dire rendere “reale” il prodotto, “vivo” e sempre nuovo. Qualcosa di simile a quei musicisti che ancora oggi si sforzano di sorprendere, di inventare e creare sempre qualcosa di nuovo. Il tutto malgrado come si ben sa “le note sono solo sette”.

La discussione mi richiama un altro mondo abbracciato negli ultimi tempi: bello, affascinante, ma purtroppo stantio. Un mondo che soffre un approccio eccessivamente conservatore e target-oriented che mira a mantenere stabile la fetta di pubblico rinunciando, spesso, a far crescere l’opera con esso. Capita così che un eroe della seconda guerra mondiale che era giovane all’epoca si presenti giovane tuttora con in più un qualche stratagemma che mascheri la cosa come possibile.
Parlo di supereroi, per chi volesse dettagli in più. Ho iniziato a leggere Marvel (c’è anche la Distinta Concorrenza ma lì sono un pesce fuor d’acqua completo) durante uno dei famigerati Crossover, una trama che raccolga attorno a sé tutti gli eroi col marchio Marvel e che abbia il fine ultimo di stravolgere il contesto in cui operano. Nello specifico si trattava di Civil War.

Un Crossover  tutto fuorché banale, scontato o, come comunemente vengono definiti tali fumetti, bambineschi. Lo si può facilmente evincere dalla trama (che copio spudoratamente dalla pagina di cui sopra):

A causa di un’esplosione causata da un supercriminale di nome Nitro, un intero paese venne spazzato via di colpo, e centinaia di persone, compresi moltissimi bambini, persero la vita. Dopo questa vicenda tragica, il governo degli Stati Uniti e l’organizzazione S.H.I.E.L.D., dopo pressioni fatte dai cittadini superstiti e dal resto della popolazione, decidono di introdurre il cosiddetto “Atto di Registrazione dei Superumani” : con questo decreto, il governo degli Stati Uniti d’America avrebbe la facoltà di registrare le identità civili degli individui dotati di superpoteri. La comunità dei supereroi si spacca in due fazioni di fronte a questa decisione: i contrari alla registrazione, che hanno Capitan America come leader, e i favorevoli, capeggiati da Iron Man.

A me sembra anche attualissimo. In questo crossover si osa? Certo che lo si fa, ed è proprio questo che mi ha spinto nel lontano 2007 ad addentrarmi in questo ampio (e dispendioso!) mondo. Alcuni esempi? Due su tutti.

  • Tutti conosciamo l’Uomo Ragno, l’eroe di quartiere e le sue battaglie per tenere il mondo all’oscuro della sua reale identità di Peter Parker, fotografo freelance e squattrinato tanto quanto me. In C.W. Parker, sconvolto per la morte delle persone durante l’attacco terroristico di cui sopra sposa la causa di Tony Stark (Iron Man) e decise di smascherarsi per dare il buon esempio. Un errore che costerà la vita alla sua cara zia May e che lo porterà a indossare il costume nero per dare la caccia – in maniera rabbiosa – ai responsabili della sua morte;
  • Capitan America, leader degli Anti-Atto_di_Registrazione diverrà fuorilegge e, al termine della guerra da cui uscirà sconfitto verrà trascinato in catene a giudizio. Lì un cecchino gli sparerà e troverà una morte che verrà compianta da tutto il mondo degli eroi, in una serie di storie molto belle che contribuiscono a rendere il lettore partecipe della perdita.

Si osa, dunque. E poi? E poi tutto torna come prima. Ad oggi l’Uomo Ragno è ancora dov’era, il mondo non sa che è Peter Parker e zia May gode di ottima salute. Anche Cap è al suo posto, sebbene il suo ruolo sia un po’ diverso e…
E penso che la riflessione possa dirsi al suo termine.
Non è la morte dei personaggi il nodo della questione. Zia May, poi… quegli eventi hanno spinto i personaggi del mondo che io stavo adorando ad evolvere, cambiare. Li stavano facendo crescere: nel bene o nel male.

Quello che sogno di scrivere è qualcosa di reale, vivo e in grado di sorprendere. E la paura di osare non gli appartiene. Spero solo di riuscire a trovare le idee giuste.

Saluti,
Dott. Qwerty.