Una svecchiata

Colgo al balzo questa mattinata libera e mi rimetto un po’ dietro al blog. Non troppo, non sono dell’umore migliore ma neppure di quello peggiore.

Il blog, dicevo, un blog trascurato che un tempo remoto ho coltivato un po’ e che poi è caduto in abbandono. Come tante, troppe cose. Oggi ho dato una mano di vernice ai widget che vedete a destra, in particolare ho aggiornato serie e letture. Le letture, queste sconosciute, si riducono al secondo capitolo di Malazan: Book of Fallen dal titolo “La Dimora Fantasma”. Un libro che continua la vicenda narrata ne “I Giardini della Luna” lungo un sentiero di costante evoluzione: migliora lo stile, il mondo diventa più vasto e dettagliato, la vicenda (già ottima) si arricchisce e diventa (appena) più chiara.
L’ho già consigliata, la riconsiglio. E’ lunga, difficile, a tratti confusa… ma è un esempio di come si possa creare un’opera vasta senza trascurare il dettaglio. Se il blogger vorrà, ne riparleremo…
Letture, dicevo… come quelle del mese prossimo. Perché ormai ci siamo, A Dance with Dragons è prossima ad uscire interamente (finora ci sono in commercio le parti 1 e 2, maledetta Mondadori!) in Italia e così potrò riprendere la storia degli Stark e dei Lannister da dove l’avevo lasciata. Non so se voglio dare 60 e passa euro alla Mondadori, valuterò… in un modo o nell’altro (le biblioteche… che pensavate?) l’inverno arriverà all’insegna del Winter is Coming.

E poi? Poi aspetteremo il vecchio… sperando che si sbrighi.

Serie, dicevo… le serie che sto seguendo sono quelle che vedete a fianco. Nello specifico:

Homeland -> laffigata made in Showtime. L’agente Carrie Matheson non è più un agente. La Cia l’ha cacciata e i suoi sospetti, dimostratisi sbagliati, sul deputato ed ex prigioniero in Iraq Nicholas Brody, l’hanno gettata nello sconforto e nella depressione. Una serie mozzafiato, dalle prime tre puntate in grado di pareggiare, se non superare, la meravigliosa season 1.

Doctor Who -> Il Dottore è il Dottore e chi mi legge un po’ lo sa. Al momento è in pausa ma Natale sta arrivando (semicit.). La prima parte di stagione è stata nella media, mi sarei aspettato di meglio. Ma sono stato abituato bene. Da considerare, però, una premiere col botto e un season finale da lacrimucce.

Dexter -> Sette stagioni e ancora il killer dei serial killer non ha capito che se uno non lo accoppa quando deve poi ci va di mezzo lui stesso. Come buttare al macero sei stagioni e tutte le manfrine sull’evoluzione del personaggio. Però Dexter è Dexter, il carisma c’è e le acque – chi ha seguito la sesta stagione lo sa – si smuovono. Speriamo bene.

Alphas -> Una serie che passa tanto, forse troppo in sordina. Ma una serie che – a me – piace e non poco. La seconda stagione è prossima alla conclusione ma si nota che è maturata, sia nella trama che nelle relazioni fra i personaggi e nell’evoluzione delle dinamiche. Se la prima era un diversivo, questa seconda stagione è una piacevole sorpresa.

The Walking Dead -> E’ presto per parlarne ma… premiere col botto. Se accoppano il bimbo-scemo, diventa un must.

Revolution -> Made in JJ Abrams: sinonimo di qualità (Lost) e di porcate (tutto il resto). Molti la criticano, a me piace. E’ ambientata in un mondo che si è spento e che – per citare S. K. – è “andato avanti”. Troppo abbozzata l’ambientazione e ridotto l’arco temporale (quindici anni sono pochi per parlare di un mondo così riorganizzato come quello di Revolution, almeno secondo me). Non amo neppure le scene di azione, spesso spartane e all’insegna dell’uno-contro-tutti. Ma la trama, quella sì, è intrigante. I Believe.

Infine ci sarebbe Last Resort. Ho visto la premiere, molto valida, e ho visto la seconda puntata. Per me è pollice in sù. Però il tempo è poco – ho pure ripreso gli studi, non c’è limite al masochismo – e gli ascolti della serie fanno gridare al taglio imminente. Aspetto un po’, quindi.

E quindi ci siamo, arrivano i saluti e i buoni propositi: vorrei davvero svecchiare il blog, magari cambiandogli intonaco o, forse, spostandolo altrove. Vorrei anche ripetere i progetti di scrittura. Sebbene il committente me lo sia considerato da solo, vorrei dare un seguito alla vicenda di Nake e dell’amicone Jolly. Ma non ora, non oggi, non in questa settimana…

Vi saluto, gente.
Qwertyminus.

Demo-fobia

C’è sempre aria di elezioni, in questo paese. Tutto è messo al voto, come nelle migliori democrazie. Tutto, anche la dignità. Ma la democrazia, QUESTA democrazia (non rappresentativa, non partecipativa) chi l’ha votata?

Odio chi mi racconta il solito fatterello, chi mi dice che in fondo siamo liberi e che la libertà – QUESTA libertà – è tutto ciò che serve. Lo odio perché mente e quella di cui parla non è un bel niente. Avremo anche la libertà, forse. Siamo liberi, d’accordo… ma liberi di far cosa?

Meditate.

Qwerty.

Scusate il disturbo

Entro in punta di piedi, com’è giusto che sia nell’ora del disturbo. Perché sono da così tanto via che mi sento un mezzo estraneo.Uno straniero in terra straniera, per lasciarsi andare a citazioni di alta levatura… uno straniero in casa propria, sarebbe meglio dire. Perché un quattrocento giorni fa fui io ad aprire questo posto e ancora oggi il posto in questione è mio. E’ che spesso mi alieno… speriamo solo non mi spuntino le antenne!

Battutacce a parte, oggi vi presento un mio piccolo lavoretto. Il primo di una serie – breve o lunga non si sa – che prende ispirazione da 2minutiamezzanotte, round robin supereroistica creata da Alessandro Girola e alla quale io stesso ho preso parte (capitolo 21).
Come molti degli autori anch’io ho tratto ispirazione dalla round robin per creare una storia che sia da un lato legata all’ambientazione, ai personaggi e ai fatti narrati in 2mm, dall’altra originale e autonoma. Nasce così lo spin-off dal titolo Il Committente.

Il Committente


Nella cornice di una Bogotà (mai citata, al dire il vero), buia e sinistra, i super -uomini potenziati da una strana forza chiamata teleforce sprigionatasi durante un incidente anni addietro – vivono le loro vite come in ogni altra parte del mondo. La vicenda narrata ruota attorno a due di questi super-umani: Nake, giovane, bella e con un passato tormentato e misterioso, e Faber.
Sono due “eroi in vendita” per citare la Marvel, due mercenari che prestano servizio al miglior offerente. La storia inizia con una commissione: un uomo (super?) misterioso ha commissionato alla coppia un lavoro apparentemente come un altro. Mentre Nake accetterà la missione, Faber cercherà di scoprire di più sul fantomatico committente per averne a sua volta qualcosa in cambio.

La storia è questa qui. Qualora lo vogliate (cit. Paolo Bonolis, tutti i diritti sono riservati), a breve posterò un link per scaricare il racconto in formato EPUB. Ovviamente AGGRATIS 😉

E’ un arrivederci (spero!),
Qwertyminus.

LINK EPUB

Squillino le trombe…

Una nuova stagione è alle porte. Arriva Settembre e con lui l’Autunno, il caos cittadino e la ritrovata voglia di fare qualcosa. Riprenderà una sorta di monotonia anche se, diciamocelo, le cose non cambiano mai del tutto. Al massimo peggiorano, ma lasciamo stare.

La nuova stagione, anche bloggereccia si spera, si apre all’insegna del Propositi 0. Perché sarò anche cinico, pessimista, disfattista e tuttoquellochevolete ma stare qui a sperare e promettere quando siamo burattini ha poco senso. Keep Calm, quindi. Si campa alla giornata (e sopra la panca).

Qualcosina che bolle c’è, però. Ma non diciamo niente e guardiamo un po’ al passato. Un passato quello di Giugno-Luglio-Agosto che è stato per me all’insegna della scrittura. Con la mia prosa altalenante e scattosa, le mie trame confuse e i personaggi che se potessero mi bastonerebbero (grazie di esistere, quarta parete!) ho gettato giù in questi mesi più di quanto abbia fatto nella stagione andata. Che sia un buon segno?

Certo, la gran parte delle battute sono state battute a vuoto e alcune cose le ho scritte due e più volte… ma noi ci accontentiamo dell’Amaro Lu*ano e non chiediamo nient’altro, vero?

Il tutto culminerà col mio turno di scrittura nella round robin “Due Minuti a Mezzanotte” di cui vi ho già scritto (andate qui: http://2minutiamezzanotte.blogspot.it/ ). Per la prima volta partecipo ad un’esperienza del genere e, sempre per la prima volta, mi sento un po’ uno scrittore. Per davvero.
No, non ho ancora iniziato a drogarmi… Fa caldo, però. E Beatrice non serve a una mazza…

Alla prossima (speriamo il prima possibile),

Qwerty.

Ma io non scrivo più?

Seriamente. Giorno più giorno meno (ho cancellato talmente tanta robaccia da essermi scordato di salvare il primo post-intervista) siamo al compleanno del blog più vuoto e insensato che mente umana possa arrivare a concepire e io che faccio, mi zittisco?

Nah… o forse sì?

Di buono c’è che fa caldo e il caldo è una piacevole scusa: fa caldo, ho mal di testa. Ciò implica che non scrivo. Facile, no? Poi un essere pedante potrebbe dirmi: e in inverno? In Inverno fa freddo, un freddo del delirio. Mi viene il mal di testa e non scrivo.

Aggiorniamoci, va. Due cose su tutte, utili a farmi trovare la voglia di buttare giù qualche post agostino. La prima: ricominciano le serie. E da due settimane ripreso Alphas e le premesse sono più che buone. Dr. Rosen e compagni continuano con il loro non gruppo alla x-men a lottare contro le alpha-minacce, che si chiamino terroristi, Stanton Parish o cattivo-uomo-dell-FBI-che-mi-ruba-il-pudding-dal-frigorifero. A questo si aggiunge il nuovo trailer del dottorino più famoso delle terre di London 2012. Olimpiadi che, per altro, hanno visto un bel cameo del Tardis nella cerimonia augurale.

Altra novità: ormai sono drogato di A Song of the Ice and Fire. Sto leggendo I Fuochi di Valirya. Scrivi vecchio, scrivi!

Meme… perché sei tu, meme?

Colpevoli _Gre_hetschaap. A me non resta che consumare la tastiera e cercare di ragionare su cosa scrivere.
ATTENZIONE: Pericolo Trolling.

  • La tua canzone preferita: Ho imparato a sognare, Negrita. Credo sia la prima, vera, canzone di cui mi sono innamorato.

  • La canzone che ti piace di meno: Estate, Negramaro. Come vedrete in seguito, il gruppo lo apprezzo non poco. Ma questa è la canzone più fastidiosa che abbia mai ascoltato… forse è il gettone da pagare per sbancare, chi lo sa.

  • Una canzone che ti rende felice: Dancing with my self, di Billy Idol. Sentitela prima, poi ne riparliamo.

  • Una canzone che ti rende triste: Settembre, di Luca Carboni. Non è proprio tristezza, è nostalgia. Paura. Meravigliosa.

  • Una canzone che ti fa venire in mente qualcuno: Ballata per la mia piccola Iena, Afterhours. Non penso che servano commenti (o se servono non voglio riportarli. In compenso posso dirvi Apalucia, che non c’entra nulla ma… è una bellissima parola (cit.) ).

  • Una canzone che ti fa venire in mente certo luogoIn un giorno di pioggia e I cento passi, rispettivamente mi ricordano l’Irlanda, un posto dove vorrei andare (prima o poi, meglio prima) e il posto dove voglio restare… perché andare, scappare, è comodo. Ma scegliere di restare, lottare, è un dovere… come altri prima di me hanno fatto.

  • Una canzone che ti fa venire in mente un certo evento: Sei un miracolo, di un certo Daniele Groff. Non so neppure chi sia e cos’altro abbia cantato. Me lo sono trovato davanti, una volta, durante una gita con la scuola. E ricordo che è stata una bellissima giornata. Bei tempi…

  • Una canzone di cui conosci il testo a memoria: Nessuna Razza, di Caparezza. “Io sono spazzatura, che spazza razza pura, non provo più paura e colleziono punti di sutura…”

  • Una canzone su cui puoi ballare: Io non ballo, al massimo potrei arrancare sulle note di Rise Up, di Yves Larock.

  • Una canzone su cui puoi addormentarti: Un qualunque pezzo di Laura Pausini, Alessandra Amoroso e compagnia bella. Trovo questa musica noiosissima, senza se e senza ma.

  • Una canzone di un gruppo che non ti piace: non ci sono gruppi che non mi piace, al più gruppi che non considero proprio.

  • Una canzone che ti piace e ma nessuno si aspetterebbe da te: Boh, forse un Mille giorni di te e di me, di Claudio Baglioni. Baglioni non mi sta simpatico ma non per questo non ammetto che molte delle sue canzoni sono molto belle.

  • Una canzone che ti descrive: Non penso esista. Ho sempre provato un certo feeling con Ti ti ti ti, di Rino Gaetano.

  • Una canzone che ti piaceva e adesso non sopporti più: Non esistono canzoni del genere, se una canzone mi piace mi piacerà sempre.

  • Una canzone che senti spesso alla radio: Solo, di Marco Mengoni. È ovunque, peggio del prezzemolo.

  • Una canzone dal tuo album preferito: Pezzi di Vetro, dall’album Rimmel del 1975. Francesco De Gregori.

  • Una canzone che ascolti quando sei incazzato/a: Iodio dei Bluvertigo, ovviamente!

  • Una canzone che ascolti quando sei felice: Direi Iodio dei Bluvertigo, ovviamente!

  • Una canzone che ascolti quando sei triste: Ma Iodio dei Bluvertigo, ovviamente!

  • La canzone che vorresti suonassero al tuo matrimonio: Felici ma trimoni, di Caparezza. *.*
  • La canzone che vorresti suonassero al tuo funerale: Vaffanculo, di Marco Masini. Me lo merito. Solo per il ritornello…

  • Una canzone che sai suonare: So fare solo Do-do-sol do-do-la e nota random col mio fidato flauto comprato alle medie.

  • Una canzone che ti piacerebbe saper suonare: Do-do-sol do-do-la ovviamente. U.U

  • Una canzone che ti fa sentire colpevole: C’è tempo, di Ivano Fossati. Perché ci si illude e si illude che sia così.

  • Una canzone della tua infanzia: La rondine, Mango. Senza un perché.

  • La tua canzone preferita l’anno scorso a quest’ora: Non ricordo dov’ero ieri a quest’ora, figuriamoci l’anno scorso. Seriamente…

  • La canzone che vorresti fosse stata scritta per te: L’Inno di Mameli, di Mameli e Novaro. U.U

  • Un gruppo che ascolti spesso: I Negramaro. Come ho scritto all’inizio, adesso li seguo che è un piacere. Bellissima Londra Brucia, per esempio.

  • La canzone che ascolti più spesso in questo periodo: Mucchi di Gente, di Nathalie Giannitrapani.

  • Una canzone che ti fa pensare al sesso: I wanna fuck a dog, Blink 182. Quale sennò? Rotfl. 

  • La canzone che ti fa pensare alla solitudine: Vuoto, Franco Battiato. La solitudine, la rincorsa senza senso… e il nulla.

  • La canzone con il migliore inizio: Povero me, di De Gregori. 

  • Una canzone che ti estrania dalla realtà: Via del Campo, di De André. Quella strada di Genova non l’ho mai vista, ma è come se la conoscessi.

  • La canzone che ti fa scatenare non appena la senti: Iodio dei Bluvertigo, ovviamente (cit.)

  • La canzone su cui fare l’amore: Mmm… Iodio dei bluvertigo…

  • La canzone col titolo più bello: Alice, di De Gregori. In un nome c’è tutto.

  • La canzone col miglior testo: Qualunque testo di De Gregori, ma anche De André.

  • La canzone che preferisci della collezione dei tuoi genitori: Io Vagabondo, dei Nomadi.

  • La canzone che non conosceresti se non fosse per un tuo amico: Iodio dei Bluvertigo. Sul serio.

  • Una canzone che odiavi ed ora ami: Va bene essere instabile, ma se è amore è amore. Oppure no.


    Due post del genere in un giorno. Ci risentiamo per Natale.
    Bye. Qwerty. 

Nei meandri del mio hard disk

Quando usi un computer per quattro anni, quando nel suo hard disk hai riportato ciò che hai tenuto nell’altro computer per qualcosa come 6 anni (6+4=10; quasi metà della mia vita)… beh, diciamo che scandagliando l’hard disk puoi solo trovare cose interessanti. O degli obbrobri di cui puoi solo vergognarti.

Nell’improvvisata caccia al tesoro ho trovato un file word dal titolo P-F dove la P stava ad indicare un generico progetto (quando parto con qualcosa che non so cos’è finisco sempre per chiamarlo progetto), la F stava indicare le Fiamme, un elemento che all’interno del progetto (letterario, eh, non sono un piromane) aveva un ruolo molto importante.

Il file risale a due anni e mezzo fa anche se la scrittura è un po’ precedente, almeno di un altro annetto. E quando ti ritrovi fra le mani centottanta cartelle del genere, con una storia che è tua, che ti piace e che ingloba tutti i pregi, i difetti e le castronerie che puoi tirar fuori con la tua testolina bacata… beh, è come innamorarsi. Solo che dall’altra parte ci sono solo bit, quindi non c’è il rischio di esser lasciati…

Touché.

Quando scrissi P-F, avevo appena finito di vedere la prima stagione di Twin Peaks e mi ero lasciato prendere al punto dall’ambientazione (un piccolo paesino, gente che sa tutto di tutti, una vita monotona e misteri a cui è meglio non pensare) che quando mi sono messo davanti a uno schermo tutto bianco non ho potuto fare a meno di cercare di ricrearne le atmosfere. E siccome P-F ha un inizio e una fine, diciamo che, in qualche modo, P-F è un progetto vincente.

Gli elementi di cui è composto rendono P-F un ibrido, come tutto ciò che ho scritto/che ambisco a scrivere. C’è il fantastico, rappresentato da antichi viaggiatori secoli prima fermatisi a sostare in una valle dove sarebbe poi sorta la cittadina di Pietra Luce. Viaggiatori che a distanza di anni sono ancora lì, intenti a portare avanti un confronto risalente a un mattino, quando un bimbo spinto dalla curiosità sprofondò in un’insenatura nella terra dove un tempo sorgeva un’antica prigione, La Rocca.
Ma c’è anche – ed è stato l’unico paletto che mi sono preposto – un marcato elemento horror: possessioni, antiche paure che ritornano e che in realtà non sono mai mosse, una misteriosa entità guida che sceglie di entrare in gioco usando un uomo come fosse uno strumento… e c’è la possibilità che niente vada come deve andare e che per il giusto occorrano sacrifici giusti.

Se ripenso alle fasi di scrittura di P-F mi viene da descriverle in un solo modo: divertenti. Perché mi sono divertito, anche quando la scrittura diventava più cattiva, anche quando scrivere di talune vicende e situazioni la rendeva difficile…

Mi sono proprio divertito. Ed è questo che la scrittura, per me, deve essere: divertimento. Poi, magari, “partoriamo” delle boiate. Ma non è la fine del mondo. Anche con le boiate si possono fare i milioni…

L’incipit di P-F:

La cella si aprì. Stava calando la sera, le ombre della notte iniziavano a calpestare il mondo. Niente più schiavitù, niente più prigionia. Colui che fu in catene adesso era libero. E come le ombre, anche lui era pronto a tornare calpestare quel mondo. 

Salut à tout le monde,
Qwerty.

Il Pozzo e il Pendolo – Ci provo

Nell’ultimo anno mi sono avvicinato, per la prima volta, al mondo dei racconti brevi. Pochi caratteri, piccole storie, spesso in grado di avvinghiare il lettore come poche altre opere. A riprova che non è il numero di parole a garantire la profondità di un testo.

Con questo post inauguro quella che nelle mie intenzioni sarà una serie di post tematici sull’argomento. Obiettivo: presentare, trattare e forse recensire racconti dalle provenienze più disparate. In alcuni casi il racconto potrebbe essere di un nome famoso, in altri potre pescarlo chissà da dove. Il primo racconto che tratterò, come si intuisce dal titolo, è Il Pozzo e il Pendolo, di Edgar Allan Poe.

Innanzitutto, qualche cenno bibliografico. Il Pozzo e il Pendolo, scritto dal maestro Edgar Allan Poe, viene per la prima volta pubblicato nell’opera The Gift: A Christmas and New Year’s Present for 1843 , pubblicata appunto nel 1843 – un anno dopo la presunta conclusione dell’opera.

Il racconto rientra nel novero delle pubblicazioni sul terrore di Poe ed è ambientato a Toledo negli anni dell’Inquisizione spagnola, a cavallo fra il 1803 e il 1813. Non sono a conoscenza delle varie trasposizioni cinematografiche ma, da una rapida ricerca, il più interessante sembra quello del 1961 diretto da Roger Corman. Ma pensiamo al racconto…

La trama

Un processo, l’avvio del racconto è tutto qui. Un inizio in media res, senza che ci sia dato sapere il perché il protagonista si trovi davanti ai giudizi dell’inquisizione. Qualunque sia la sua colpa, il protagonista sembra esserne consapevole. E sembra conoscerne la gravità…

Il processo resta sospeso, fra delirio, sogno e disquisizioni varie che spengono l’obiettivo sulla storia per riaprirlo a verdetto sancito. Quel che resta è il buio di una cella, una sentenza scritta e un pover’uomo che vive l’attesa… perché è questa la tematica più premente, almeno ai miei occhi. L’attesa di un uomo per la propria morte, senza che possa farci nulla…

Il buio della sua cella è tutto ciò che ha, il buio e la forza di conoscere la forma della sua fine. Nella sua mente (e in quella del lettore) si costruisce un angolo dopo l’altro la sua prigione, diventa consapevole di ciò che lo circonda e cerca di capire come arriverà la sentenza fin quando il tutto perde valore in seguito a una caduta che gli salverà la vita. Ma solo per un istante… Perché l’uomo è solo, è in trappola, e la sua sentenza è scritta.

L’attesa chiama il terrore, piega il protagonista e porta con sé i dubbi. Il pozzo e il pendolo, i due volti della tortura, sono due elementi statici: il primo è al centro della stanza, attende l’uomo come l’uomo attende la sua fine. Il pendolo va giù, inesorabilmente giù, lentissimamente giù ma segue un suo sentiero, un suo percorso predefinito. Sfuggirgli non è impossibile, e infatti… ma perché farlo, quando sei al centro di una trappola e il tempo e l’attesa continuano a piegarti?

 

La seconda anima

Un’anima più pressante, frenetica, è quella che si scatena alla fine del racconto. Quando l’uomo – il protagonista – è ormai al culmine, sul punto di cedere. Ma qualcosa si sta scatenando, qualcosa di violento che non richiede altra attesa. Ed ecco che il mondo attorno a lui cambia, accelera e il finale si avvicina…

Un finale di cui non vi scrivo nulla perché a mio modesto parere è la parte meno importante dell’intero racconto, il tempo e l’attesa lasciano spazio all’irruzione della storia nella vicenda e alla fine (?) di tutto richiamando un corso degli eventi che, almeno nel mio caso, avevo rimosso circa a metà del racconto quando ero ormai rapito da tutto il resto.

Non sarò il massimo come recensore (un tale, una volta, mi disse ‘Ti spiegherò due-tre cose in merito’ ma non l’ha mai fatto) ma l’esperimento lo riproverò.

Namaste,
Qwerty.

Tempo al tempo

Scrivere un post con un titolo no sense è un’arte. E in questa forma d’arte sono uno dei primi esponenti al mondo. Ne sono certo.

Avevo in programma per il fine settimana un post-recensione-qualcosa_del_genere su un racconto, il primo di una serie. Sto spulciando, oltre a “I Giardini della Luna” di Erikson, una doppia raccolta con due nomi da urlo: Richard Matheson e Edgar A. Poe. E proprio a quest’ultimo volevo dedicare un post “scrivendo” un po’ de “Il pozzo e il Pendolo”, il celeberrimo racconto del terrore. Volevo, e ho iniziato a scriverlo su Libre-Office. Poi ho eliminato per sbaglio il file e puff…

Ma lo scriverò da capo, tempo al tempo. Intanto mi auto-celebro, contemplo la giovinezza che va via e segnalo che – mai segnalato prima? – ho chiuso il vecchio account di Twitter perché sì e ne ho inaugurato uno nuovo.

Se posso vi followero io altrimenti, boh… chiedete e vi sarà dato.

A presto.